Un ulteriore episodio nel grave conflitto che oppone il Tribunale e la Procura di Genova sulla “questione dei Bagni Liggia” è l’ordinanza del GIP presso il Tribunale di Genova che ha respinto la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura della Repubblica presso lo stesso Tribunale sull’esposto del concessionario dei Bagni Liggia che segnalava l’esserci, a suo dire, altri gestori nella medesima sua situazione.
In proposito si ricorderà che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova aveva, con insistenza, cercato di ottenere il sequestro preventivo di una porzione di spiaggia in concessione nonostante, sia il Giudice delle indagini preliminari che anche il Tribunale di appello, avessero valutato del tutto infondata la richiesta.
L'insistenza della Procura ha portato, quindi, all’ordinanza che disponeva il sequestro da parte dello stesso Tribunale solo dopo l’accoglimento, da parte della Cassazione, del ricorso presentato dalla Procura medesima.
È opportuno chiarire, in primo luogo, che il procedimento è sorto per la presunta violazione, da parte del concessionario, dell’art. 1161 del Codice della Navigazione che continua, a nostro avviso anacronisticamente, ad avere una rilevanza penale e non amministrativa (si tratta di una contravvenzione estinguibile addirittura con il pagamento di euro 200,00 di ammenda).
È altresì, necessario precisare che, a tutt’oggi, sulla vicenda dei Bagni Liggia non vi è stata alcuna sentenza di condanna perché il processo deve ancora iniziare e, ne siamo certi, il suo esito sarà di piena assoluzione del concessionario.
Comunque anche sul provvedimento di sequestro il Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale aveva ritenuto immediatamente del tutto infondata la richiesta di sequestro del PM incaricato.
Analogamente il Tribunale di Genova (che poi ha emesso l'ordinanza di sequestro) era di tutt'altro avviso sulla base di richiami, da esso stesso effettuato, a una copiosa giurisprudenza della Cassazione a Sezioni unite.
E ciò a conferma che la questione, anche solo ai fini cautelari, non è pacifica e anzi molto controversa e dibattuta in giurisprudenza.
A seguito dell’esecuzione del sequestro il concessionario ha presentato, quindi, un esposto alla Procura in cui chiedeva di procedere contro gli altri concessionari, non solo di Genova, che a suo dire si troverebbero nella sua medesima situazione.
La Procura ha chiesto di archiviare l’esposto mentre il GIP ha, invece, respinto questa richiesta disponendo la continuazione delle indagini su quanto denunciato dal concessionario.
Da questa sommaria ricostruzione della vicenda si ricava non solo il grave conflitto sulla questione fra la Procura e i Giudici del Tribunale di Genova ma soprattutto che a distanza di oltre tre anni dall’inizio di questo “pasticcio” giudiziario non vi è stata non solo nessuna sentenza di condanna ma neppure l’inizio della causa nel merito.
Infatti la Procura della Repubblica, inspiegabilmente, non ha ancora chiesto al GIP di quel Tribunale l’emissione di un decreto di condanna né ha citato in giudizio il concessionario per ivi vederlo condannare per la presunta contravvenzione che ritiene essere stata commessa.
Siamo sereni e nel contempo fiduciosi che il Giudice competente, quando finalmente si discuterà nel merito la vicenda, non potrà non ravvisare alcun illecito penale a carico del concessionario.
Si tratta, comunque, di un ulteriore segnale dell’urgenza della riforma del settore che da tempo sollecitiamo e invochiamo al fine di dare certezza a decine di migliaia di famiglie che non meritano di lavorare in questo clima di totale precarietà.
Riforma che spetta alla Politica e alle Istituzioni rappresentative (Governo e Parlamento) anche per evitare una supplenza da parte della magistratura che, come anche questo caso dimostra, è tutt’altro che di orientamento chiaro ed uniforme.