L’ordinanza del Tribunale di Genova che ha disposto il sequestro preventivo di una parte della concessione dei Bagni Liggia è, a nostro avviso, un atto giuridicamente sbagliato e ingiusto nei confronti dei Bagni Liggia ed è fonte di preoccupazione per la balneazione attrezzata italiana.
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova ha, con insistenza, cercato di ottenere il sequestro preventivo nonostante, sia il Giudice delle indagini preliminari che anche il Tribunale di appello, avessero valutato infondata la richiesta.
L'insistenza della Procura ha portato all’ordinanza che dispone il sequestro da parte dello stesso Tribunale solo a seguito dell’accoglimento, da parte della Cassazione, del ricorso presentato dalla Procura medesima.
È opportuno chiarire, in primo luogo, che il provvedimento non è del TAR e cioè del Giudice specializzato per la materia delle concessioni demaniali, bensì di quello penale in quanto il procedimento è sorto per la presunta violazione, da parte del concessionario, dell’art. 1161 del Codice della navigazione che continua, a nostro avviso anacronisticamente, ad avere una rilevanza penale e non amministrativa (si tratta di una contravvenzione estinguibile addirittura con l'oblazione del pagamento di euro 200,00 di ammenda).
E’, altresì, necessario precisare che l'ordinanza in questione non ha esaminato l'eventuale conformità al diritto europeo della nuova legge 30 dicembre 2018 nr. 145 cd di stabilità che ha differito di quindici anni la durata delle concessioni demaniali.
E’, infine, doveroso evidenziare che non si tratta di una sentenza in quanto il processo deve ancora iniziare e, ne siamo certi, l'esito del quale sarà di piena assoluzione del concessionario.
Si tratta solo di un provvedimento cautelare, tra l'altro non indispensabile ai fini processuali, richiesto dal Pubblico Ministero incaricato nonostante il diverso avviso dei Giudici del Tribunale competente.
Infatti il Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale aveva ritenuto completamente infondata la richiesta cautelare del PM incaricato.
Anche il Tribunale di Genova, che ha emesso adesso l'ordinanza, era di tutt'altro avviso solo pochi mesi fa sulla base di richiami, da esso stesso effettuato, a una copiosa giurisprudenza della Cassazione a Sezioni unite.
A conferma che la questione, anche solo ai fini cautelari, non è pacifica e anzi molto controversa e dibattuta.
Nell’Ordinanza, il Tribunale di Genova, a sottolineare le criticità della questione, stigmatizza le indagini della Procura allorquando rileva che se, come ritiene la stessa, si tratta di una illegittimità che perdura addirittura da dieci anni, come mai si procede solo nei confronti del concessionario (tra l’altro per un reato, come detto, di scarsissimo rilievo) e non si abbia neppure iscritto nel registro degli indagati nessuno degli appartenenti agli Enti gestori o di controllo per reati ben più gravi (dall’abuso d’ufficio all’omessa denuncia) e che sarebbero logicamente conseguenziali.
Siamo quindi fiduciosi e ci auguriamo nell'interesse di tutti che il processo penale venga chiesto dal Pm senza ulteriore indugio e venga celermente celebrato nel merito dal Giudice competente al fine di chiarire definitivamente la questione.
Si tratta, comunque, di un ulteriore segnale dell’urgenza della riforma del settore che da tempo sollecitiamo e invochiamo al fine di dare certezza a decine di migliaia di famiglie che non meritano di lavorare in questo clima di totale precarietà.
Riforma che spetta alla Politica e alle Istituzioni rappresentative (Governo e Parlamento) anche per evitare una supplenza da parte della magistratura che, come anche questo caso dimostra, è tutt’altro che di orientamento uniforme.
Per approfondimenti:
http://www.bagniliggia.it/sequestro/una%20storia%20da%20raccontare.pdf