Notizie di stampa odierne, peraltro confermate da una bozza del provvedimento, riferiscono dell’inclusione degli operatori di spiaggia (art. 26) nel cd decreto sulle liberalizzazioni che il Governo si accinge a varare nei prossimi giorni.
In particolare si riferisce che per chiudere la procedura di infrazione comunitaria e, quindi, per l’adeguamento al diritto europeo della disciplina delle concessioni demaniali marittime, le stesse andrebbero messe a gara e la loro durata non potrebbe superare i 4 anni.
Se questa è l’intenzione del Governo si stravolgerebbe una decisione assunta dal Parlamento appena qualche settimana fa e, con essa, tutto il lavoro di concertazione svolto con i rappresentanti delle impreseche ha trovato la sua temporanea conclusione con l’articolo 11 della legge n. 217 del 15 dicembre 2011 “Legge comunitaria 2010”affermano in una nota congiunta le Associazioni di categoria SIB – Confcommercio, FIBA – Confesercenti, Assobalneari – Confindustria e Balneatori – CNA. Questo provvedimento rende completamente conforme alla normativa dell’Unione Europea quella italiana, in quanto aderisce puntualmente e precisamente alla richiesta della Commissione europea del 5.5.2010, tanto che si attende, a giorni, la definitiva archiviazione della procedura d’infrazione sulle concessioni relativa all’anno 2009.
Inoltre questa norma, assegnando 15 mesi di tempo al Governo per adottare un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime, consente di poter valutare con attenzione e serenità tutte le esigenze in campo ed un confronto con le forze politiche e sociali, secondo criteri e principi atti a coniugare positivamente la normativa europea e la salvaguardia delle ragioni legittime di chi, da anni, investe risorse e professionalità nella gestione delle spiagge, valorizzando l'offerta turistica italiana e favorendo l'occupazione in modo stabile.
Alla luce di queste considerazioni appare ancor più stupefacente la decisione di ricorrere allo strumento del decreto “prendere o lasciare” che liquida un settore di successo dell’economia italiana e con esso decine di migliaia di famiglie che lo hanno reso possibile.
Appare poi del tutto incomprensibile la previsione di una durata delle concessioni di 4 anni e non rinnovabile. Sarebbe questo il modo più sicuro per rendere anche il nostro settore precario in eterno e tale da portare il concessionario a cercare di massimizzare i profitti senza investire. Si darebbe in questo modo vita ad una vera e propria ‘riffa quadriennale’ nella quale gli unici soggetti che potrebbero partecipare e vincere sono coloro che dispongono di denaro facile e in grande quantità. Non certo le 30.000 famiglie che sono l’anima delle imprese balneari che, su quelle spiagge, hanno profuso risorse e anni di lavoro. Si tratterebbe, in definitiva, della morte certa del turismo balneare italiano.
Le Associazioni di Categoria SIB, FIBA, ASSOBALNEARI e BALNEATORI chiedono, pertanto, lo stralcio di questa norma ‘pasticciata’ e, se si ritiene il settore balneare meritevole di un intervento normativo, che ciò avvenga come già previsto non in modo frettoloso ma in maniera meditata e, soprattutto, in ossequio ai deliberati sia del Parlamento italiano(v. odg approvato all’unanimità dal Senato il 5.5.2011) che del Parlamento Europeo (risoluzione del 27 settembre 2011 – 2010/2206/INI).
Ci rifiutiamo di credere che, per l’attuale Governo, i cd “campioni nazionali” meritevoli di attenzione e prudenza nell’emanazione di nuove norme siano solo quelli rappresentati dalle grandi aziende, tipo l’ENI e SNAM, e non anche settori, come quello balneare, costituite da decine di migliaia di aziende che, proprio per la loro caratteristica, nella quasi totalità a gestione famigliare, hanno dimostrato sino ad oggi di essere altamente competitivi nel mercato internazionale delle vacanze dando lustro, successo e, soprattutto, centinaia di migliaia di posti di lavoro al nostro Paese. Da oggi tutti i balneari italiani sono in stato di mobilitazione determinati a difendere il futuro delle proprie imprese e delle loro famiglie. Le organizzazioni di categoria hanno già fissato le riunioni per studiare le prossime iniziative di protesta a carattere nazionale.
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